Grosso guaio a Verbicaro

di 2bePOP - 30 maggio 2013

grosso guaio a verbicaroChange your coffee, change your life.

“Credo che per abbattere la Carrà ci vorrebbe una pallottola d’argento!” (cit.)

Ieri mi sono addormentato presto. Non mi capitava da quando avevo 13 anni. Peccato che avevo mangiato i peperoni ripieni.

Dopo i 40 anni i peperoni ripieni, alla sera, sono come l’uranio impoverito. Letali. Ho sognato. Cose che voi umani non potete immagine & cose che un calabrese di provincia non può immaginare. Neppure oggi. Neppure dopo questi fatti recenti. Mi trovavo a Orsomarso. A bordo di un autoarticolato assieme a Giuvanni Burtone, nativo di Mandatoriccio e omonimo del Burtone politico, ma diversa estrazione sociale e tempra psico-fisica.

Giuvanni è il più grande radioamatore che io abbia conosciuto. Il suo CB è Falco69. Non chiedetemi cosa voglia simboleggiare, non ne ho la più pallida idea. Era una notte, buia e tempestosa di maggio, ma ad esser sinceri poteva anche essere pomeriggio presto. Eravamo al sesto caffè al ginseng, perché dovete sapere che Giuvanni è un salutista di ferro e beve solo bibite al ginseng.

Dunque. Era sicuramente pomeriggio, di quelli oscuri, forse anche notte. Io facevo da secondo a Giuvanni Burtone, un asso dell’autoarticolato come pochi. Sulle strade impervie di Mayerà saliamo, nelle gole di Grisolia il mezzo pesante si muove. Sento scricchiolare quasi il terreno. e mi sento come se stessi bussando alle porte di una magione.

Dovete sapere poi che Giuvanni è un esperto di musica popolare folk e che è convinto di avere una bella voce. Trasmettono alla radio tarantelle da almeno 40 minuti. Sempre lo stesso giro armonico. Tiri-tiri-tiri-tiri tara-tara, tara ereditaria.

Sono stanco, ho sonno e mi sento una pesantezza di stomaco che mi ci vorrebbe una carriola di malox per riprendermi. E Giuvanni se non l’ho già detto è un asso del volante, specialmente in curva. Ci fermiamo per una pausa ristoro in una piccola cantina, nei pressi di Verbicaro.

Io vado in bagno a sciacquarmi un attimo. Giuvanni ordina per tutti e due. Per lui un caffè al ginseng, per me un quartino  di vino. “Bravo Giuvanni, ‘n amico!”

Entrano cinque orientali con le loro giacchette da damerini in gran tiro. E mi scambiano per un loro amico. Iniziano a parlare una strana lingua che non comprendo. Probabilmente mandarino o

forse è solo tarocco. Io senza rendermi conto rispondo nello stesso linguaggio, ma loro sono contrariati. Tirano fuori deinunchaku.

Ma che clacson succede?

Giuvanni, uomo d’azione e ormai dopato di caffè al ginseng, lesto come una faina nel pollaio, prende un palo di scopa e inizia a farlo roteare vorticosamente sopra la sua testa pelata. Fa una strana piroetta e per poco non si da una bastonata sul muso. Non so se ridere o se farmela sotto. Sti ching, che effettivamente sono in quattro, mi sembrano alquanto minacciosi. E mi vedo proiettato in una pellicola oscura e criptica alla Sonny Chiba. E ci tengo a dire che non ho mai visto un’oscura e criptica pellicola di Sonny Chiba!

Me ne sono successe tante fino a questo punto, ma mai, dico mai, mi ero ritrovato bloccato a Verbicaro, dentro un sogno, in compagnia di un personaggio come Giuvanni Burtone e di quattro manigoldi asiatici!

Domani riso in bianco alla cantonese o pastina… a cena è sempre meglio tenersi leggeri!

E buona serata ai sopravvissuti!

(Fine)

Nda: Verbicaro – Vruvëcàrë in calabrese –  è un piccolo centro della provincia di Cosenza, situato nei pressi della Costa Tirrenica, tra Diamante e Scalea, dove si produce un ottimo vino rosso, e dopo si svolgono delle lunghe e interessanti feste religiose a carattere truculento. La notte del Giovedì Santo, infatti, si ripete l’antichissimo rito dei Battenti Flagellanti, alcuni uomini penitenti, vestiti in rosso, a piedi nudi e gambe scoperte percuotono i loro arti inferiori con il “cardillo (un pezzo di sughero sul quale sono infisse 5 acuminate punte di vetro) fino a farli sanguinare.

(Il titolo è un personale tributo al maestro del cinema John Carpenter e ad uno dei suoi film che più ho amato durante la mia infanzia di tamarro calabrese violento.)

Dario “Jack” Greco