L’uomo che importò la Heineken a Marri (Lo zio della birra)

di 2bePOP - 10 luglio 2013

zio birraAdesso sedetevi e ascoltate. Vi rubo solo pochi minuti. Perciò a breve potrete tornare ai vostri soliti status da depressi e vanesi del monitor.

Io voglio raccontarvi una piccola storia, sperduta tra i barbagli di una provincia sonnacchiosa che tutto inghiotte, comprime e rielabora per metabolizzare a proprio uso e consumo.

Vi racconterò di un uomo, non dirò un eroe, perché che cos’è poi un eroe? ma a volte, se ne sarete degni, vi ritroverete faccia a faccia con un uomo che è la persona giusta nel posto giusto, ma al momento sbagliato.

E questo è mio zio. Lo scorcio è la provincia cosentina metà anni ottanta. Dove vi assicuro che, tranne per qualche musicassetta dei Pet Shop Boys in meno, è tutto pressoché uguale a prima.

Parola di Maurizio Seimandi.

Mio zio, un barista simpatico, tipo curioso e cordiale, scazzato e nonsense, uno di quelli che ascolta le canzoni in radio e che segue poco il calcio, un po’ di più la politica, forse.

Però prima di tutto egli è fondamentalmente un commerciante, uno di quelli con lo sguardo lungo, e che vorrebbe imporre il suo gusto al di sopra di una clientela che non ha un buon gusto.

Un giorno, così “pì cangià”, decise di cambiare la marca di birra, nel suo bar.

Non solo. Non contento di una così repentina rivoluzione copernicana, quest’ uomo dotato di un baffo serio, decise di iscrivere il suo nome nell’albo d’oro dei ribelli con una causa oltre che con una bolla di accompagnamento.

In provincia, negli anni ottanta, si viveva di mode passeggere e di slanci vitali umorali. E io, giovane hipster minorenne li osservavo con occhi vivaci e voraci, quegli slanci!

Era il tempo in cui se non sapevi giocare a biliardo eri soltanto un altro fesso con un’opinione. Era il tempo in cui il baracchino era l’unico social network possibile e al quale tutti potevano accedere. Fermoposta escluso. Era il tempo in cui la Juventus vinceva la sua prima Coppa dei Campioni. E io mi ricordo un gelato con lo stesso nome. Era della Motta, se non erro.

In tv c’era Bonolis a guidare BIM BUM BAM e mio zio, col suo intuito straordinario si impose con la sua trovata di stile e gusto: fu lui il primo a portare l’Heineken alla spina a Marri. Come pensate potesse reagire il cliente medio del suo esercizio commerciale, abituato com’era a ingollare Peroni o Raffo?

Fu uno shock. PER TUTTI!

Per me fu come assistere alla rivoluzione del punk rock, e pensavo a mio zio come ad un’icona della controcultura, la versione arbereshe di sua maestà Iggy Pop, l’iguana del luppolo, l’āyatollāh del malto d’orzo.

Vedete, per molte rock star l’avvento di Elvis Presley all’Ed Sullivan Show rappresentò la molla propulsiva per dedicarsi ad imbracciare una chitarra e a formare una rock band, ma per me, infante dagli occhi gonfi e sensibili ad ogni novità disponibile su piazza, l’odore di quei fusti di Heineken segnerà in maniera indelebile il passaggio dall’incoscienza alla consapevolezza che niente sarebbe più stato uguale a prima.

TENETEVI LE VOSTRE PERONI, E TENETEVI ANCHE LA VOSTRA OPINIONE: IO SONO E SARO’ SEMPRE UN UOMO HEINEKEN!!!

“It’s a town full of losers and I’m pulling out of here to win.”Assolo di sax, dissolvenza… una Ritmo scarburata che romba in lontananza… FINE…

L’uomo che importò la Heineken a Marri (Lo zio della birra)

Dario Greco