“Fronte del palco… Mentre il tempo scorre”

di 2bePOP - 11 aprile 2016

Cato GuitarPrologoAlTempoChePassa

Ho cominciato ad appassionarmi di musica in età preadolescenziale, e quando si ha quell’età non si va per il sottile: i tuoi ascolti sono guidati solo dall’istinto. In poche parole ascolti solo quello che ti piace e basta, ed è facile innamorarsi di quei cantanti o musicisti che, nonostante l’esperienza e i cambiamenti della vita, ti porterai sempre appresso.

Nel 1984 il mio innamoramento musicale si chiamava Vasco Rossi. Ovviamente crescendo succedono tante cose, e i miei interessi musicali si sono trasformati da pura passione in lavoro appassionato.

Ma andiamo con ordine, che il tempo è una cosa seria.

Nel 1997 ero nel pieno della mia esperienza con gli Africa Unite, come bassista del gruppo. In quell’anno pubblicammo un album intitolato “il gioco”, e iniziammo il tour per promuovere il disco in giro per la penisola. L’agenzia con cui lavoravamo per le date si chiamava Colorsound Indie.

Diego Spagnoli era il nostro tour manager. Per chi non lo sapesse, parliamo del leggendario Stage Manager di Vasco Rossi. Quell’anno si trovava libero dai concerti del Blasco, per cui eccolo in casa Africa Unite.

Diego è una specie di macchina da guerra. Nella realizzazione di un concerto di quella portata, per una rock star come Vasco, suo è il compito di coordinare le squadre che allestiscono il palco. Nello specifico: luci, video, audio, fino ai backliner che si occupano degli strumenti. Praticamente tutto.

Terminata quell’esperienza, lui tornò alla sua occupazione principale con Rossi, ma rimase comunque un bel ricordo di quell’anno, ed era sempre un piacere quando ci si ribeccava in giro.

Cato SoundTanti anni dopo – circa 12, siamo nel 2008 – Diego mi chiama chiedendomi se potevo suonare due linee di basso per dei pezzi che stava realizzando e che avevano un mood decisamente reggae. Mi manda il provino, registro a casa mia i bassi e gli mando i files via Skype. Poi il nulla per diversi mesi.

L’anno seguente mi decido a scrivergli. Mi dice che i bassi si erano rivelati inutilizzabili per via di alcuni errori. Insomma non gli erano piaciuti…

- Madhooo!

Ci rimasi malissimo. Recriminai, perché farli a casa da solo, senza nessuno che ti segue, per me è sempre un po’ complicato. Soprattutto nel caso in cui stai suonando per della musica altrui.

NelFrattempoIlTempoPassaEAssiemeALuiLaMusica

Arriviamo al 2010, Vasco è in giro con un monumentale tour nei palasport d’Italia. Tra le tante, ci sono anche otto date a Milano e otto al Palasozaki (ora Palalpitour) di Torino.

- “Azz come mi piacerebbe andarci…”

Ovviamente non mi ero minimamente preoccupato, l’anno prima, di comprare il biglietto e allora con la solita faccia da culo che s’indossa quando si chiedono degli accrediti, scrissi a Diego. Gliela menai tantissimo che mi era dispiaciuto molto che le registrazioni fossero andate male, che se ci fosse stato lui sarebbe stato meglio e, tra l’altro: “Non è che domani riesci a farmi entrare?

Senza nessuna speranza inviai.

Dopo 7 minuti il display del telefono si illumina e compare un nome, Diego Spagnoli. Rispondo terrorizzato pensando che si fosse incazzato di brutto, al che, con voce tremante:

- “Diegoooooo come va carissimo”? Risatina… buon segno!

Convenevoli vari. Ovviamente ribadisce che quelle registrazioni erano una ciofeca e poi fa la fatidica domanda:

- Che fai Domani?

- Ehh… vengo a vedere Il concerto (risatina dissimulante)

- No. Dice lui. Portati il basso e presentati alle 14 all’ingresso di Via Filadelfia.

- Scusa? Cosa intendi con portati il basso?

- Come, non lo sai? Io apro i concerti di Vasco con un mio progetto che si chiama Attack&Party. Io sto alle macchine e poi c’è un cantante. Suoniamo anche quei pezzi che non sei riuscito a finire, quindi ho pensato che era una buona idea che tu suonassi tre pezzi con noi… ci sei? Cato, ci sei?

- Si, scusa… sto piangendo.

- Non c’è tempo per piangere, studiati i pezzi, hai solo stanotte.

SediciAprileDuemiladieci

Ovviamente a mezzogiorno ero già lì che giravo attorno al Palaisozaki. Becco Diego alle 14 e mi porta nell’ufficio di produzione perché mi devono fare il Pass.

MiniStoriaDiCosaSiaUnPass

Il pass… quell’oggetto del desiderio che evoca un potere assoluto. Quella cosa che porti appesa al collo. Che non te la togli neanche quando arrivi a casa. Che evoca non solo il potere assoluto, ma che ti rende sprezzante del pericolo e lo esibisci con finta noncuranza agli armadi quattro stagioni col bomber detti anche Security.

Ti puntano da lontano e pensano che non ti faranno passare neanche per il cazzo. E tu, a pochi metri da loro in avvicinamento, guardandoli fissi negli occhi senza muovere un muscolo, senza farti sfuggire emozione alcuna, con consapevole cognizione di potere apri la giacca e mostri il tuo lasciapassare formato A4 plastificato con la fatidica scritta “ALL AREAS…” cioè che puoi andare dove ti pare manco fosse la 44 magnum dell’ispettore Callaghan, la spada Jedi di Obi Wan Kenobi o le scarpette rosse di Dorothy nel regno di Oz.

Quindi, col potere conferitomi, arrivo finalmente al palco col mio basso a tracolla e il mio Pass in bella vista.

FineDellaMiniStoriaDiCosaSiaUnPass

Saluto Michele e Raffo, rispettivamente Backliner del Gallo – il bassista – e di Stef – il chitarrista -.

Avete presente quando ti portano per la prima volta alle giostre? Bene, io ho fatto un giro su tutto il palco e soprattutto per quella zona misteriosa che viene denominata “Dietro il Palco”.

Ero elettrizzato all’idea che stavo guardando, da dentro, una produzione così importante e gigantesca.

Scannerizzo praticamente tutto.

Gli ampli nei case, il set delle due chitarre, la batteria, il set di tastiere, mixer, luci, insomma tutto.

Dietro il palco c’è un altro camerino e una vera e propria officina che si occupa di tutti i reparti… luci, video, audio e backline.

Qualunque cosa succeda possono metterla a posto e in un carrozzone del genere gli inconvenienti possono essere tantissimi.

Michele, impietositosi delle condizioni del mio strumento, in mezz’ora me lo sistema tutto… gli sono ancora grato adesso!

Cato SessionNon faccio in tempo a rifarmi gli occhi e saziare la mia curiosità che arriva il momento di salire sul palco.

Sono quasi le 18.30. A quest’ora il palasport è mezzo pieno, e il pubblico arriva con un flusso costante.

In genere i gruppi che aprono i concerti di questo artista non hanno vita facile. Ma qui è diverso, si tratta di Diego. E il pubblico di Vasco ama Diego.

Il mio ingresso sul palco è previsto a metà del set. Diego mi presenta raccontando quanto l’esperienza con gli Africa, anni prima, gli fosse rimasta nel cuore.

Bene. Ora s’inizia.

Il sangue comincia a circolare fortissimo. Dai ricordi mi sembrerà sempre di essere rimasto sul palco 10 secondi. Suggestioni.

Concentrato su quello che devo suonare, ho anche molta voglia di godermi lo spettacolo. Quello spettacolo che avevo sempre visto dall’altra parte. Quell’inversione di ruolo è un’emozione fortissima. Di palchi anche grossi e importanti ne avevo calcati diversi, ma in quel momento si stavano saldando conti che erano stati aperti ben prima che iniziassi a suonare.

Ma, dopo questo regalone, Diego ha in serbo per me un’altra sorpresa:

- Guarda che puoi stare sul palco durante il concerto di Rossi.

- Cosa? Si, scusa… mi viene di nuovo da piangere.

Potevo sentire e vedere da una posizione privilegiata.

C’era un piccolo problema però, ed era tecnico.

Il palco non prevedeva l’uso di monitor e anche gli ampli erano sistemati nel retropalco dentro a dei flight case microfonati e il monitoraggio era tutto in “Ear monitor”, cioè tutti i musicisti, cantante compreso, si sentivano con le cuffie.

BreveStoriaDiUnBodypack

Per chi è poco pratico di queste faccende tecniche cercherò di farvi capire come funziona il tutto.

Per suonare bene bisogna ascoltarsi bene, ed è per questo che sono stati inventati questi marchingegni che permettono un ascolto più “intimo” di quello che si sta suonando, specie quando ci sono quelle botte di volume in palchi così grandi.

Quindi i musicisti – e soprattutto il cantante che più di tutti deve sentire bene per cantare intonato – vengono dotati di una scatoletta chiamata “Bodypack”.

La scatoletta riceve wireless tutti i segnali che si stanno suonando e vengono  ascoltati tramite degli auricolari.

Chiaro?

FineDellaBreveStoriaDiUnBodypack

Bene. Avevo di bisogno di cuffiette e per un determinato disegno del destino che noi in genere chiamiamo “culo”, avevo quelle del telefono (vanno benissimo anche quelle).

Si, perché Diego, poco prima dell’inizio, immaginando la problematica, mi da un bodypack e sorride. Ma non uno qualsiasi, tra le mani ho quello con scritto “voce spare”.

Cioè, se al cantante si fosse rotto il suo bodypack, ce n’era subito uno di riserva pronto con gli stessi settaggi del primo.

Quindi, ero sul palco e sentivo esattamente quello che aveva nelle orecchie Vasco Rossi.

Tutto, sentivo tutto. Pure le mie lacrime per la terza volta in 24 ore, sentivo.

La sua voce potente e – non c’avevo mai fatto caso – intonatissima.

Sentivo le dita sulle corde della chitarra di Stef, percepivo ogni singola nota dei suoi stilosissimi fraseggi.

I cori, i paddoni di tastiere.

E poi non ci sono cazzi, se canti davanti a tutta quella gente devi spaccare ed essere alto tre metri.

E la sensazione che ho avuto è che fossero veramente alti tre metri.

È stato un regalo bellissimo.

Ovviamente una dedica ed un ringraziamento speciale va a Diego Spagnoli.

Gianluca “Cato” Senatore

Photo Credit: Tiziana Liguori