Catania, Sud side story

di 2bePOP - 26 aprile 2016

       1

di Samantha Amodio

Per coloro i quali credono ancora che una carriera in rapida ascesa sia direttamente connessa a quanto su ci dirigiamo lungo la penisola, dico solo che si sbagliano.

Non vivo di luoghi comuni.

Pertanto, trecento sono i chilometri a sud percorsi, ottanta i minuti che potrebbero posticipare la partenza del treno, un’ora quella che può essere l’attesa prima dell’imbarco. Ma non importa. Un rapido pensiero va in terra calabra che perdo di vista proseguendo con lo sguardo verso la costa ed il mare, il quale pensavo avrebbe inondato le mie giornate. Ma a Catania il mare si dimentica.

3

Le suole devono essere adatte per calpestare il basalto (pericoloso tutto l’anno),  un piede distratto, veloce ed il contatto con il suolo è immediato. La stessa attenzione è necessaria quando ci si imbatte nel traffico, costante. Si impara presto che qui, la precedenza è ‘di cu sa pigghia’ (di chi se la prende). Bene. Sventato il pericolo, giro l’angolo su via Etnea. Addosso porto vestiti sempre un po’ troppo leggeri per qualsiasi altro posto, da sembrare una turista e attirare l’occhio autoctono del maschio instancabilmente curioso, attento ad ogni esemplare femmina al quale riserverà comunque un qualche rituale di corteggiamento in gergo. Decisamente poco facile da decifrare, per via dei rumori dei passanti, i rintocchi delle campane, le musiche degli artisti fermi ad ogni angolo che diventano una, gente che comunica da lontano, il profumo dei dolci, e del fritto che provocano fame.

8

Una manciata di secondi ed entro anch’io a far parte del cuore pulsante di gente che anima il centro città. Inevitabilmente Mamma Etna fa convergere su di sé  l’attenzione che si perde alla ricerca dei molteplici orizzonti ad ogni crocevia.

In alcune giornate il sole pare voglia folgorare fino a sciogliere invano le pietre intagliate dei palazzi, delle mensole che sorreggono i balconi sovrabbondi di allegorie, simboli, grottesche maschere, campanili, cupole, pinnacoli che fanno da padroni ad uno scenario mosso da prospettive improbabili. Se illuminati dai pleniluni si ha la stessa sensazione di avere al collo un gioiello vistoso, che indossi con eleganza e fierezza, che fa da cornice a tutto il corpo, mentre muovi i passi verso l’ennesima notte da vivere.

6

Sono fuori da pochi minuti, ma non curante degli impegni, il tempo per una sosta in pasticceria, qui, lo si trova sempre. Una svolta a destra, all’angolo di Via Pacini ed è subito Marrakech. Se non si teme la folla, la ‘Fera ‘o luni’ (il mercato del lunedì) è un’occasione per lasciarsi coinvolgere ed immergersi nel ventre del popolo catanese. Mercato di contadini, pescatori e di gente che prova in tutti i modi a proporre affari imperdibili (che alla fine è quasi sempre così). Una corsa alla ricerca di trovate simpatiche che attirano il cliente; al prezzo più basso un quantitativo di prodotto enorme. Concluse le vendite, dopo qualche risata torni a casa con le buste piene anche di oggetti inconsueti e l’indomani riparte il giro.
È orario di pranzo, la piazza si sveste e i gabbiani danno una mano a ripulire. Gli odori restano, ma i colori spariscono e gli antichi palazzi, il Santuario, col ‘vuciare’ ormai lontano riprendono a riposare immobili.

2

Riponendo il capo sopra il cuscino, a sera, con attorno il disordine di una camera in affitto, porgi la mano verso l’interruttore e prima di spegnere la luce, spegnere gli occhi, rammenti che il tuo soffitto così alto ti regala un affresco con chissà quale storia, che ti porta l’immaginazione sotto chissà quale cielo o a inebriarsi del profumo di chissà quali fiori.

La mente di un isolano tende a muoversi lungo il perimetro del territorio. Trova difficile pensare di spostarsi altrove, una striscia di mare da attraversare pare spesso quasi impensabile. Sarà pigrizia e non perché si accontenta o semplicemente credo che la verità sta nel fatto di sapere di avere un tesoro inestimabile tra le mani. Mani purtroppo spesso noncuranti, incapaci di custodire e proteggere. Quando incontro persone nuove, alla domanda ‘di dove sei?’ segue sempre l’ormai prevedibilissima: ‘ma che ci fai qui?’. Non credo di aver mai pensato ad una risposta esaustiva in questi due anni prima di questo momento.

4 -samantha

Catania è un sistema di rete fognarie inefficiente che vuol dire allagamento dopo 10 minuti di pioggia; è pericolo blatte con l’arrivo del primo sole; ma è una città a passo d’uomo col cuore di un paese che ti avvolge nel vortice di una cultura, una tradizione e una storia ben sentita; è patria di santi, compositori, artisti e poeti; è passare pomeriggi a perdersi nell’immobilità del tempo di chiese, monasteri e musei; è dissetarsi ai chioschi con seltz, limone e sale; è cercare del fresco sul marmo di una qualche chiesa, gradinata o ai piedi del ‘liotru’ a Piazza Duomo; è osservare il cielo cambiare colore dalla terrazza di un palazzo di tredici piani, con i gabbiani sulla testa che ti ricordano di avere il mare lì, da qualche parte; è il non voler tornare a casa; è bere del vino il lunedì all’Ostello in una grotta con l’acqua che scorre ai tuoi piedi…

5

Sono qui perché Catania ha da raccontare le molteplici realtà, diverse e distanti pochi metri l’una dall’altra, che riescono a  convivere e convergere in un unico fulcro. Perché ha in mano potenti carte con cui giocare.
Sono qui perché è sud. E a sud le partite si giocano fino in fondo, anche se perdiamo.

7

‘Se mai qualcuno capirà, sarà senz’altro un altro come me.’