Singletudine al Pigneto, tu chiamale se vuoi “emozioni”

di 2bePOP - 25 maggio 2016

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di Tiziana Liguori

Luis, il mio amico, si è fissato che devo scrivere un pezzo per 2bePOP. Figo, si, ci sto. Solo che il mio amico Luis mi detta i tempi. “Scrivilo per mercoledì”, ordina Luis. Oggi è domenica. “No Luis. Tra cene, aperitivi e maschi non ce la farò mai per mercoledì.”

Ma che ne sa dei miei tempi il mio amico Luis? Che ne sa della settimana tipo di una single, di quasi 40 anni, che vive al Pigneto? Luis, che vive con la sua donna e il suo cane, nella sua meravigliosa vita da imprenditore del mulino bianco.

Che ne sa del legame indissolubile tra una single al Pigneto e la sua agendina su googlecalendar? Perché altro che rossetto, l’unica cosa che serve a una single al Pigneto è la sua agendina: unico contenitore della sua vita.

Una vita tra ufficio, corso di fotografia, yoga, pranzi, cene tra amici, cene tra colleghi, aperitivi, concerti, nuoto e, ringrazio Iddio, ho i capelli ricci perché il parrucchiere proprio non mi ci sta. E se poi il flirt di una sera diventa un appuntamento? Ovvio, si trova di fretta il tempo per l’estetista: “va bene vengo anche sabato mattina, alle otto…”

Ho sempre invidiato la vita di chi passa le sue serate sul divano a guardare serie tv. Oddiho, li invidio e li temo perché poi quando esci con il flirt che diventa appuntamento, devi comunque sapere chi è Frank Underwood e che sta combinando sua moglie. Oppure perché si è fatto crescere i baffi e parla mezzo romano e mezzo latinoamericano e sicuro non è un hipster. Perché altrimenti sei fuori dalla conversazione e tu invece sei la donna con cui puoi parlare di tutto.

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Quindi, in agenda su googlecalendar, devi trovare lo spazio per recuperare queste serie lunghe miliardi di puntate. E mai che ti venisse una bella influenza, di quelle #divanose e paralizzanti, che ti fanno render conto subito – tuo e loro malgrado – che esiste una vita oltre quello schermo angusto che pare farti i dispetti. Quello schermo che se lo guardi ti trasporta per mano e ti fa piombare nel magico mondo di Oz,  manco fossi la protagonista del sequel di “Sex and the city” mescolato a “Paura e delirio a Las Vegas”. Ma così non è, purtroppo. Se fossi così ahi voglia, la prossima volta, al flirt che diventa appuntamento, orgogliosamente potrei rispondere “Meglio il cugino Gustavo”, sostenendolo con cognizione e non per puro sentito dire.

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Solo che io questo tempo non lo trovo. Perché lunedì vai all’allenamento di nuoto e torni a casa. Solo che poi scendi con altri amici, perché la cosa figa di vivere al Pigneto è che non esci, scendi. E martedì ti svegli dicendo Porcatroia stasera resto a casa, cascasse il mondo. Poi l’asse terrestre si inclina e saltellando mi ricordo che no, niente casa, devo vedermi a cena con PincoePallino e prima passare a salutare Tizio, gliel’ho promesso due settimane fa. E mercoledì ti svegli e pensi: porca troia, stasera c’ho l’allenamento e la cena dopo l’allenamento che mica posso dire sempre di no! Ma poi arriva il giovedì e giuro sulla testa di Paulù che nessuno mi schioda da una sana lobotomia da divano, me lo merito del resto… Ma no, non si può, devo scegliere i pezzi per la radio e sistemare l’articolo per Luis, che sto in ritardo di una settimana, e nel frattempo faccio la preziosa con il flirt che se continua a latitare così manco diventa appuntamento.

E poi vivi al Pigneto, che è vero è così cambiato, ma è sempre il parco giochi di chi cerca in pochi metri birra, gente con il sorriso, musica e festa. Poi certo trova anche la polizia, la gentrificazione e l’esaltazione del retake, ma questo è il lato non umano del Pigneto, ci fai i conti, provi a resistere e lo ignori.

A primavera poi la gente esce, non solo dal letargo, ma anche di casa. E la primavera è la stagione non dell’amore, basta con queste smancerie così old style, ma dell’aperitivo, poco vino e più centrifughe che fa così moderno e salutare. E poi c’è la prova costume. Ma io non vado in letargo, e la stagione dell’aperitivo dura tutto l’anno e quest’anno la prova costume va come sempre, con la birra in mano davanti la pancia.

Parti con la birra da Tuba, perché le ragazze lì sono sempre così carine e come se le conoscessi da sempre. Poi ti sposti a mangiare una cosa alla Bestia Mora, perché i ragazzi sono molto carini e avresti dovuto conoscerli da sempre, magari quando avevi la loro età, 20 anni, prima che cominciassero a darti del lei.

Per consolarti provi a berci su e passi da Rosy. E da lì non sai dove finirai, tra una festa di laurea dove continueranno a darti del lei – ma ormai sei stata da Rosy e non ci fai più caso – passando per il Fanfulla che con la musica latino americana, di sabato sera, ha molestato la mia malinconia più dei retake. La notte del Pigneto ha una strana aurea, inutile negarlo. Magica, sfacciata, controversa, malinconica e piacente, un po’ Naif ma con tratti di inverosimile bellezza mescolata alla puzza di piscio. Cazzeggiante e confusa, direi, da riuscire a confonderti prima che il giorno inizi purché la notte finisca, per forza, da Zazie. Tra amari al bancone, l’ultima sigaretta prima di parlare come un uomo. E poi i cornetti regalati che gli avanzano che tanto ormai hai imparato a scaldarli al microonde. Ma tanto poi te li scordi a casa di qualcuno, l’amico che ti chiama alle quattro per l’amaro della staffa. Non ci sono più i maschi di una volta, ha ragione la mia mamma.

Perché il Pigneto è socialità. E qui a Roma stanno attaccando tutti i posti dove c’è socialità. Lo chiamano degrado, dicono: “è un posto pieno di spacciatori, c’è un’umanità pericolosa e nera”. E invece è un quartiere laboratorio di integrazione razziale, che parte dalle scuole, la Pisacane. Passa per Tor Pignattara e i concerti dei rapper bengalesi al 25 aprile. Arriva allo Snia e al parco delle energie, dove vedi giocatori di cricket indiani che ti parlano con accento romano. E la sera sai che li troverai in qualsiasi locale ad ascoltare musica con te o guardare tra loro le partite di qualche campionato così lontano.

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Il Pigneto è un posto che resiste. Il 25 aprile è la festa del quartiere. Tutti fuori a festeggiare e ricordare il valore e l’importanza della resistenza. Resiste agli attacchi grazie alla cultura e alla musica, in questo periodo tremendo di sgomberi, con solidarietà e unione che sorprende. Resiste all’omologazione di vinerie e hambugherie tutte uguali, tirando fuori localini che si basano su umanità e sorrisi veri. Resiste al retake e alle accuse di degrado, decorando muri con murales e unendosi contro la “vita in diretta” che gioca a denuncia lo spacciatore senza mai vedere chi muove i fili, chi sono i veri pupari. Resiste e ci insegna ogni giorno che c’è sempre qualcosa di importante per cui lottare. Stasera piove, è un maggio che sembra novembre e la mia agenda su googlecalendar sta notificando qualcosa. Scendo perché qui sul divano non resisto.