Lost for Life: un film che racconta la saga berlinese di Iggy e Bowie

di 2bePOP - 22 febbraio 2013

 

David-Bowi&Iggy-PopCazzate. Tutti parlano della triologia berlinese di Bowie. Alla fine si tratta invece di ben cinque album, tra l’altro registrati, più che altro, tra la Francia e la Svizzera. Sì, nel computo vanno annoverati anche i due dischi di Iggy che il Duca Bianco ha prodotto: si è fatto le ossa sperimentando sul primo dei due, senza rischiare di fare la stessa figura di merda che aveva fatto poco prima con  la colonna sonora di quel film che aveva interpretato da protagonista, nel suo ultimo periodo. Era scappato anche per quello dagli Usa

Lui e il signor Pop si sono rifugiati a Berlino per fuggire da piccoli insuccessi e dalla tossicodipendenza. Erano de fattoni. La polvere li stava seppellendo. Se la sono data a gambe levate verso una nuova vita ed hanno finito per dare nuova vita al rock.

La complice era un luogo mentale. Una città che adesso non c’è più, o meglio, che si è trasformata nella nuova Europa. C’era ancora quel vecchio muro che cadendo ha tentato di unire due mondi equidistanti dal giusto. Erano gli anni 70. Si aggiravano come fantasmi di loro stessi, in bar pieni, tutta la notte, cercandosi e specchiandosi deformati nel fondo di bottiglie da vuote.

Erano poco più che due ragazzini. La musica che li animava aveva rischiato di spegnerli e si erano rintanati in quel vecchio continente così austero e perverso, un po’ come i controsensi che gli scorrevano in vena e che gli salivano su per le narici come aria liofilizzata e nutriente. Nessuno scheletro si aggirava noi loro armadi: erano loro stessi divenuti scheletrici. Avevano bisogno di cibo. Cibo per l’anima. Pima di finire definitivamente all’inferno.

Questa è la trama. Sì, perché dalla trilogia berlinese del Duca Bianco e dai dischi che ha prodotto in quella città per il suo amico Iggy ne sta venendo fuori un film. Secondo l’ Hollywood Reporter, che riporta la notizia, per il lavoro i produttori britannici di Altered Images si sono alleati con i berlinesi di Egoli Tossell Film. Alla regia è stato chiamato Gabriel Range, filmmaker inglese il cui film più noto è “Death of a president”, del 2006, in cui si immaginava l’assassinio, nel 2007, di George W. Bush. Si intitolerà “Lost For Life”, proprio come una delle canzoni nate in quel periodo dai due.

Il titolo è pittoresco, ma anche una puttanata che attira gli allocchi. Il brano non è nuovo ad incursioni cinematografiche, avendo arricchito e non di poco la colonna sonora di “Trainspotting”, oltre che i dj-set di ogni scadente rock-club in era 2.0 da mp3.

La storia però merita, questo è chiaro. Si tratta di due ragazzi che si disintossicano, facendo musica, e cambiano le sorti del rock. Non si vorrà mica negare l’importanza di Bowie e Brian Eno in quegli anni e con quei dischi per la nascita della successiva new wave? La trama è oltremodo ricca. E poi, anche senza contare che oggi Berlino è, più che mai, il fulcro della cultura d’avanguardia, musicale e non, contemporanea e d’avanguardia, si tratta della stessa città che ha trasformato i Depeche Mode, dai segaioli che erano, nella pop-band più seminale degli ultimi 30 anni.

La produzione è un’ottima idea, se pure, oltre al titolo, sta già tentando ruffianate a gogò. La spinta promozionale è incentrata sul fatto che la storia in pellicola non narra la solita biografica rock che si conclude con la morte del protagonista, nossignore. Quei due monelli,  infatti, sono ancora vivi e addirittura impegnati entrambi nei propri rispettivi album in uscita.

Dunque non manca neppure il lieto fine. Una favola basata su musica ed eccessi in sostanza. Non resta che gridare ciak. Sperando che il copione sia all’altezza di una vicenda tanto importante. La storia del rock se lo merita.

Se poi si vuole arrivare preparati al cinematografo, basta leggere l’ottimo libro di Thomas Jerome Scarbrook, uscita anche in versione italiana per Arcana. Chi ha un po’ di culo può ancora trovarla in giro. Però, in genere, certe cose tornano al mittente, dopo aver preso polvere negli scaffali.

Del resto l’editoria è in crisi ed io resterò precario a vita. Anzi, se continua così, magari, anche sulla mia lapide potete scrivere lost for life, basta un copia e incolla, in quello sono tutti bravi. Ma anche quella la leggerebbero in pochi.

Stefano Cuzzocrea