Canzoni invisibili ma tridimensionali

di 2bePOP - 5 ottobre 2013

canzoni invisibili intervistaContravvenire alle regole. Talvolta anche a quelle della buona educazione. Ecco qual è la sfida di questo millennio. E la prima norma da infrangere è il tempismo perfetto, in un mondo che corre troppo veloce, per lasciare che i pensieri assumano tridimensionalità. Cercare l’imperfezione. Sembra questo il segreto che basa l’evoluzione della musica contemporanea sull’utilizzo di delay ovunque, assemblando intanto il passato per riformularlo e portarlo fino a qui. Poi tocca abolire le banalità. Ed è così che Canzoni Invisibili divengono palpabili. Il resto è un ideale concreto che non guarda più ai confini geografici. Il resto è mandare a quel paese chi di dovere e magari andarci pure a quel paese. Ed oggi quel Paese, per chi cerca di coltivare la propria arte, è senza dubbio Berlino.

Luca Saporiti ed Alex Cremonesi ne discutono proprio lì. Italiani in terra straniera che considerano l’incontro con se stessi casa propria, un po’ come l’ Hackbarth’s Cafè. La coppia prende alcuni testi di Italo Calvino e, seduti a quel tavolino, li spinge dentro, li mangia e metabolizza fino  a farli propri, fino a farli diventare delle canzoni personali. Questa è la base. Ma Luca, noto come Lagash, il bassista Marlene Kuntz, viene dal jazz e dunque per lui la musica è un punto d’incontro. Intorno a quelle canzoni, quindi, si apre un cerchio, che somiglia ad un vortice, dentro al quale vengono raccolte altre esperienze e individualità espressive. Canzoni Invisibili diventa un lavoro cumulativo. Ma anche una Molekine, fatta di testi, disegni, visioni e suoni incisi su un vinile. Un oggetto che va oltre la materialità quasi per paradosso. E poi uno spettacolo, anzi più spettacoli irripetibili e in format differenti ogni volta.

“È lo spirito con il quale nascono le cose in questa città”, racconta proprio Luca, che vive a Berlino sei mesi l’anno e ne cattura lo spirito ad ogni respiro, fino a trattenerne l’aria: “Il mio progetto si riempie di persone e talenti di ambiti differenti, in linea con le factory che popolano questo luogo; laboratori aperti e performativi, scambi e collaborazioni”. In cosa differisce rispetto alle esperienze simili da questa parte delle Alpi? “Qui non serve essere qualcuno come in Italia: qui basta saper dimostrare di avere qualcosa da dire, in maniera originale, qui conta l’arte, non i personaggi ma le persone. E poi le strade pullulano di artisti, è facile scambiare quattro chiacchiere, qualche nota, bozze, idee”.

Già perché Canzoni Invisibili è diventato una piattaforma transartistica e transmediale. C’è dentro talmente tanta gente da essersi trasformato in un’esperienza che varca i confini. “Non ci rivolgiamo ad un pubblico solo o ad un’unica nazione”, continua a spiegarci Luca. Dentro, difatti, ci sono musicisti, grafici, pittori, illustratori, video-artisti, cantanti e produttori che vengono da ogni parte. I brani vengono tradotti in più lingue. I pezzi sono illustrati, come nel caso di quello realizzato per il progetto da Ad Bourke: lo ha corredato di immagini la visionaria Arianna Vairo e non è l’unica grafica che ha contribuito a corredare queste canzoni. Dentro ci sono Eugenio Finardi come Ellen Allien , ma pure la coreografa e ballerina Erna Ormarsdottir  ed anche il poeta indiano Jeet Tahyil ed un mare di artisti provenienti da ogni parte del mondo, compreso il nostro Claudio Sinatti , forte di curriculum infinito nell’ambio del videoclip.

C’è lui con Luca nella performance per Urban Superstar. La rassegna sulle arti urbane è postmoderna almeno quanto il progetto di Lagash e ne rispecchia anche il desiderio di crossover. Lo show audio-video è allestito in un chiostro rinascimentale, il chiostro di Santa Chiara, nel cuore del centro storico di Cosenza. Elettronica che rimbalza su mura spesse e visual che colorano gli antichi mattoni di proiezioni magmatiche che sembrano uscite dalle opere variopinte con le quali il curatore della rassegna, Luca Scornaienchi, ha decorato la mostra allestita nello stabile di fronte a questo insolito teatro occasionale.

 

Il concerto è un sodalizio tra rumori e note, tra fotogrammi e suoni. Un basso suonato come una chitarra, arpeggiando su cybernetiche pulsioni impresse nella memoria del laptop. Un musicista e un artista video che improvvisano sul tema. Ed anche un guasto del computer diventa parte della performance involontariamente. È un po’ come se si trattasse si cyber-jazz-extrasensoriale. È ancora l’anima dell’adottiva Berlino a reggere i fili: “le composizioni sono figlie dello spirito che si espira lì”, ci aveva anticipato Luca.

Ma tra ispirazioni e inspirazioni la corsa verso il futuro non si arresta: il sito www.canzoniinvisiili.com è diventato una piattaforma aperta nella quale gli utenti si promuovono e offrono come protagonisti, input, parti del progetto. Intanto, oltre al vinile, Moleskine ha dato palpabilità alle Canzoni Invisibili, rendendo le pagine appunti di un viaggio grafico, musicale che si completa piano piano grazie a chi ne ha voglia. Chiunque ne abbia voglia. L’essenziale è invisibile agli occhi, si dice così. Ma queste canzoni si possono toccare, ascoltare, guardare, dipingere, filmare, comporre, recitare, ballare…

Stefano Cuzzocrea